Primo giorno di primavera: i consigli degli esperti del bambino gesu’ per allergie, stress e mal di testa.
Un decalogo per gestire le allergie di primavera, come affrontare lo stress legato al cambio di stagione e il mal di testa che in questo periodo torna ad affliggere anche i bambini.
Non solo gli adulti, ma anche i più piccoli subiscono gli effetti del passaggio dall’inverno ai mesi più tiepidi. La cosiddetta mezza stagione porta con sé intense pollinazioni (un problema per oltre un milione di bambini in tutta Italia), giornate più lunghe con sbalzi termici, repentina alternanza tra sole e pioggia e variazioni dei ritmi biologici (sonno/veglia).
Questi cambiamenti coincidono con l’aumento della frequenza degli attacchi di cefalea (al Bambino Gesù + 15% delle visite tra marzo e giugno), con il picco delle manifestazioni allergiche e anche con maggiore irritabilità e difficoltà di concentrazione.
Cosa fare allora? Nello “Speciale primavera”, a cura degli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (allergologo, psicologo e neurologo), le indicazioni per affrontare al meglio questo delicato periodo dell’anno.
[fonte: Bambino Gesù]
Pollini: le regole per evitarli
Minuscoli granellini che permettono alle piante di riprodursi. Nel periodo dell’impollinazione si muovono nell’aria, trasportati dal vento, dagli insetti. E’ il polline, quel pulviscolo giallo o arancione prodotto dalle piante, che in misura sempre crescente crea disturbi nella salute dei soggetti allergici, soprattutto in primavera. Primavera e stagione dei pollini è infatti un binomio sempre più stretto, sia perché il numero delle persone allergiche in Italia aumenta sempre più, sia perché i periodi di fioritura si allungano a vista d’occhio.
Da marzo a luglio la concentrazione di pollini cresce soprattutto nelle giornate calde, assolate e ventose perché i pollini sono più leggeri e meglio trasportati nell’aria. La stessa concentrazione si riduce con la pioggia ed è più elevata la sera rispetto al primo mattino.
Ovviamente ci sono più pollini in prossimità delle piante e delle erbe che li producono; ad esempio, col taglio dell’erba del prato intorno a casa, si ha una maggiore esposizione ai pollini e i disturbi nei bambini allergici possono aumentare.
Ecco, dagli esperti del Bambino Gesù, le 5 regole che le famiglie dei bambini allergici ai pollini dovrebbero seguire nel periodo critico:
1. Evitare gite in campagna nelle ore mattutine, soprattutto nei giorni di sole con vento e clima secco.
2. Scegliere come meta delle proprie vacanze località di alta montagna o di mare. Ricordare che per altitudini medie (600-1000 metri) le stesse piante liberano i pollini circa un mese più tardi rispetto alla pianura.
3. Verificato la pulizia dei filtri di condizionamento dell’auto e della casa.
4. Non tagliare l’erba del prato e non sostare nelle vicinanze di altri spazi in cui sia stata tagliata l’erba.
5. Evitare il contatto con il fumo di tabacco, polveri e pelo di animali.
Ed ecco 5 cose inutili che spesso le famiglie dei bambini allergici ai pollini fanno, ma non giovano ai loro bambini:
1. Evitare i prati, i campi coltivati e i terreni incolti: i pollini diffondono dovunque, sono progettati per questo.
2. Chiudere le finestre od evitare che il bambino esca di casa
3. Abitare ai piani alti
4. Mettere mascherine sul viso del bambino a coprire e proteggere il naso e la bocca, mettere occhiali da sole o cappelli con visiera.
5. Fare lavaggi endonasali: le prove di efficacia sono tenui, il fastidio per il bambino è certo.
Lo stress psicofisico della stagione Primaverile
Quando le giornate si allungano, ci sono più ore di luce ed è più piacevole stare all’aria aperta, ci si aspetterebbe dai bambini più dinamismo e maggiore voglia di correre e di giocare.
Ma le nostre aspettative potrebbero venir deluse.
Questo perché proprio quando ci si aspetta che i piccoli escano dal loro letargo invernale, possono subentrare in loro ansia, irritabilità, stanchezza, difficoltà di concentrazione. Questo stato a volte altera la routine del sonno con nervosismo e difficoltà di addormentamento serale che alterano i ritmi sonno-veglia del bambino. Le conseguenze sono senso di affaticamento, difficoltà ad alzarsi al mattino, stanchezza e apatia nelle ore diurne.
Alcuni studi recenti focalizzano l’attenzione sugli effetti che variazioni di temperatura, umidità e ore di luce hanno sull’organismo, e di conseguenza sul benessere psico-fisico, di adulti e bambini. In questi ultimi esiste una relazione diretta fra corpo e mente e queste due istanze si influenzano reciprocamente, più di quanto non avvenga nell’adulto, nel quale i processi di razionalizzazione e autocontrollo intervengono – più o meno efficacemente – a mitigare questa relazione.
Quando intervengono fenomeni legati alle allergie stagionali o alla cefalea, c’è la tendenza ad attribuire significati emotivi al proprio malessere e a stati e sensazioni provenienti dal corpo. Spesso chi ne soffre può sentirsi triste, apatico. Talvolta ansioso e inquieto. I bambini non fanno eccezione e non sono esenti da stati d’animo di questo tipo.
C’è anche da considerare che esiste una diversa sensibilità e una differente reattività alle variazioni stagionali, che rientra in una più ampia capacità di adattamento ai cambiamenti in genere. Alcuni bambini soffrono più di altri gli sbalzi di temperatura o il disagio che possono provare se ancora vestiti con abiti troppo pesanti o se costretti a soggiornare in ambienti troppo riscaldati rispetto all’aumento della temperatura esterna. Situazioni, queste, che è più facile che accadano durante le stagioni di passaggio.
Occorre riuscire a dare al corpo e alla mente dei piccoli il tempo di riadattarsi ai nuovi ritmi e alle nuove sensazioni dettate dalla P. Dovremmo in questa fase dare ai bambini la possibilità di riorganizzare con calma il loro orologio biologico eaiutarli quanto più possiamo in questo seppur minimo passaggio, che altera il loro equilibrio.
Ecco alcuni consigli per rendere meno traumatico questo momento:
– lasciare loro più spazi dedicati al riposo diurno. Tra un’attività e l’altra, concedere momenti di distensione e di dolce far niente;
– allentare, ove possibile, gli impegni pomeridiani. Gli impegni scolastici si avviano verso un periodo di intensificazione, dettato dall’approssimarsi della chiusura dell’anno. Non sottovalutare il carico fisico ed emotivo che la fine della scuola comporta;
– proporre attività rilassanti in alternativa a quelle dinamiche e “adrenaliniche”. Una passeggiata, un gelato, la lettura di un libro o attività di disegno, o qualsiasi altra attività possa indurre una distensione, a seconda dei gusti e delle attitudini del bambino;
– vigilare affinché dormano bene e a lungo la notte.
Il mal di testa
Il mal di testa, o cefalea, è un sintomo molto frequente non solo nei pazienti adulti, ma anche in quelli pediatrici, specialmente in età scolare. Alcune statistiche dimostrano che circa il 25% di bambini in quella fascia di età riferisce di aver avuto almeno un episodio di mal di testa nel corso dell’anno.
Se per un adulto un episodio di cefalea è percepito come un fatto normale, diversa è la situazione nel bambino che lamenta un dolore al capo. Il genitore il cui figlio denuncia un simile disturbo pone domande e chiede risposte per comprendere se sia giusto prendere provvedimenti in caso di un singolo episodio di cefalea o cosa fare se gli episodi di mal di testa tendono a ripetersi. E’ importante, a questo proposito, riconoscere i differenti mal di testa e rivolgersi al medico giusto che indagherà sulle possibili cause del malessere.
Le forme più frequenti e i sintomi
Esistono diversi tipi di mal di testa con evoluzione e implicazioni terapeutiche completamente diverse. La prima importante distinzione da fare è quella fra cefalee primarie e cefalee secondarie. Le prime sono legate a una predisposizione genetica, mentre nelle seconde il mal di testa è il sintomo di una malattia che deve essere identificata e curata.
Sono ascrivibili alle cefalee primarie la maggior parte dei di mal di testa accusati dal bambino, soprattutto quelli in cui gli episodi del disturbo tendono a ripetersi. Sono cefalee primarie dell’età pediatrica:
– l’emicrania, con e senza aura;
– la cefalea tensiva;
– la cefalea a grappolo (molto rara in età pediatrica).
L’emicrania rappresenta la più frequente cefalea primaria del bambino, almeno fino all’adolescenza. È tipicamente dovuta ad una predisposizione genetica, testimoniata spesso dalla presenza di altri casi di emicrania nella famiglia di appartenenza. Può manifestarsi a qualsiasi età, persino nei primi mesi di vita, anche se di solito i sintomi nella prima infanzia non includono il mal di testa.
Il bambino piccolo avverte sintomi definiti come equivalenti emicranici che comprendono:
– il vomito ciclico;
– i dolori addominali ricorrenti;
– le vertigini parossistiche benigne;
– il torcicollo parossistico;
– i dolori ricorrenti agli arti inferiori (comunemente noti come “dolori di crescita”);
– il mal d’auto.
Il bambino più grande, invece, avverte in maniera dominante il mal di testa, generalmente di intensità medio-forte e di breve durata (anche 5-10 minuti). In alcuni casi il dolore interessa metà del capo ed è pulsante -spesso i bambini dicono di sentire il cuore in testa.Vi può essere poi la presenza di sintomi di accompagnamento, come:
– il fastidio per la luce (fotofobia);
– il fastidio per i rumori (fonofobia);
– il fastidio per gli odori (osmofobia):
E, ancora, nausea, vomito, dolori addominali e pallore. Inoltre, durante l’attacco emicranico il bambino appare particolarmente abbattuto, a volte sonnolento, e può accadere che egli interrompa le sue attività.
Nella forma di emicrania con aura -molto più rara rispetto alla comune emicrania senza aura- il mal di testa è preceduto, o accompagnato, da veri e propri sintomi neurologici:
– disturbo della vista (visione di luci, offuscamento della vista, perdita transitoria di parte del campo visivo);
– formicolii e riduzione della sensibilità di un arto o di metà del corpo;
– difficoltà a muovere un arto o metà del corpo;
– disturbo del linguaggio.
La cefalea tensiva colpisce per lo più nel periodo adolescenziale. In questo caso il dolore è generalmente di intensità medio-lieve, bilaterale e costrittivo -come una morsa- ed è solo eccezionalmente associato a fonofobia, fotofobia e nausea. L’adolescente sembra in grado di proseguire le sue attività.
La cefalea a grappolo è un terzo tipo di cefalea primaria, molto raro in età pediatrica. Si tratta di un mal di testa che si manifesta con episodi di dolore estremamente intenso, della durata di circa 30 minuti, a carico di una regione orbitaria. Spesso si associa a nausea, vomito, fonofobia e fotofobia, lacrimazione intensa, arrossamento congiuntivale, abbassamento della palpebra (ptosi) e ostruzione nasale. In questi bambini il dolore tende a ripetersi con notevole regolarità quotidianamente, alla stessa ora (specie di notte), per un periodo generalmente variabile fra i 15 e i 30 giorni.
Per quanto riguarda le cefalee secondarie, le malattie che possono causarle sono varie e di diversa gravità:
– sinusiti, a partire dagli 8 anni;
– infezioni delle prime vie aeree (sindromi influenzali, faringiti, riniti, eccetera);
– patologie infiammatorie meningo-encefalitiche;
– tumori cerebrali (comunque piuttosto rari in età pediatrica).
A quale medico rivolgersi
La prima figura medica di riferimento -sia nel caso del singolo episodio di cefalea che in quello in cui gli attacchi di mal di testa tendono a ripetersi- è il pediatra di famiglia, che dovrà valutare la necessità o meno di avviare un percorso diagnostico più complesso.
Se il pediatra diagnostica una cefalea secondaria, invierà il bambino dallo specialista di riferimento. Per esempio, se la cefalea è associata a secrezioni nasali, il bambino verrà inviato dall’otorinolaringoiatra con il sospetto di sinusite. Bisogna però considerare che la maggior parte dei mal di testa dei bambini sono inquadrabili nell’ambito di un’emicrania o di una cefalea tensiva, per cui non è assolutamente necessario ricorrere a esami diagnostici. Nei casi più complessi -o in presenza di un dubbio nella diagnosi o per resistenza alle terapie- il bambino dovrebbe essere inviato ad un centro cefalee specializzato per l’età pediatrica.
Da evitare l’esecuzione casuale di esami diagnostici, spesso inutili o invasivi (per esempio l’Rx dei seni paranasali o la TC del cranio), che possono portare il piccolo paziente a sentirsi “malato”, con il rischio di peggiorare la sua cefalea.
La cura
Per le cefalee secondarie, la terapia deve essere indirizzata verso la causa del mal di testa (per esempio, un trattamento farmacologico per una sinusite).
Nel caso delle cefalee primarie ci sono notevoli possibilità terapeutiche. A questo proposito, è estremamente importante premettere che qualsiasi scelta terapeutica venga studiata dietro controllo medico, perché l’automedicazione, sconsigliabile nell’adulto, può essere pericolosa nel bambino.
Esistono due tipi di terapia delle cefalee primarie:
– terapia dell’attacco;
– terapia di profilassi.
La terapia dell’attacco consiste nell’utilizzare tutti i mezzi, inclusi quelli farmacologici, per ridurre il dolore provato dal bambino. È importante eliminare il dolore sia da un punto di vista etico, sia perché il dolore non trattato tende a ripetersi e, quindi, a diventare cronico.
A giudizio del pediatra o dello specialista del centro cefalee, la terapia di profilassi -che può essere o meno di tipo farmacologico- è indicata quando la frequenza e l’intensità dei mal di testa siano tali da interferire con le attività quotidiane del bambino. Una buona terapia di profilassi personalizzata consente al piccolo paziente e alla sua famiglia di migliorare le condizioni di vita, dal rendimento scolastico alla ripresa dell’attività sportiva.