Maternità – Normativa

La maternità è prevista per 5 mesi (2 prima del parto e 3 dopo il parto). Durante tale periodo la lavoratrice ha diritto alla conservazione del posto di lavoro, a non lavorare e a percepire un’indennità sostitutiva.

La retribuzione in caso di maternità obbligatoria è completamente a carico dell’INPS (e non del datore di lavoro). Il datore deve comunque elaborare i cedolini mensili indicando “maternità obbligatoria” per tenere i ratei aggiornati.

La collaboratrice dovrebbe presentare la domanda all’INPS.
La lavoratrice ha diritto a percepire dall’INPS l’indennità, pari all’80%, solo se ha maturato (anche in settori diversi da quello domestico) 52 contributi settimanali nei 24 mesi precedenti la maternità, oppure 26 contributi settimanali nei 12 mesi precedenti.

La tredicesima è in parte pagata dall’INPS (80%) in parte retribuita dal datore (20%).

L’accantonamento del TFR invece è completo in quanto calcolato sulla retribuzione che la colf dovrebbe percepire se lavorasse per intero il mese.

Durante il periodo di maternità, i contributi non andranno pagati alla collaboratrice domestica in quanto non c’è erogazione di retribuzione. Dall’inizio della gestazione fino al termine del periodo di astensione obbligatoria, la lavoratrice non può essere licenziata, tranne che per giusta causa ovvero per mancanze gravi che non consentano la prosecuzione del rapporto, nemmeno in via provvisoria.

La lavoratrice domestica non ha diritto all’indennità per astensione facoltativa (congedo parentale), mentre può avvalersi del periodo di astensione obbligatoria anticipata. Infatti in caso di gravidanza a rischio la collaboratrice deve richiedere il congedo in anticipato all’INPS, con regolare documentazione medica. La maternità anticipata va trattata come fosse maternità obbligatoria per quanto riguarda l’INPS e la retribuzione.

L’INPS, con la circolare n. 1621 del 22 maggio 2008, precisa che per le colf e le badanti è possibile riconoscere la flessibilità del congedo di maternità. Tale congedo può quindi essere goduto dal nono mese di gravidanza al quarto mese dopo il parto anziché dall’ottavo mese di gravidanza fino al terzo mese dopo il parto. La flessibilità può esistere a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi danno alla salute della gestante e del bambino.

Poiché le lavoratrici domestiche hanno diritto all’indennità di maternità subordinatamente al fatto che abbiamo maturato 52  contributi settimanali nei 24 mesi precedenti la data di inizio del congedo ( o altre condizioni già elencate sopra), la possibilità di posticipare la data di congedo, quindi può risultare utile al fine di maturare i requisiti richiesti.