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Lavorare dopo la pensione

Lavorare dopo la pensione

Arrivata la pensione molti lavoratori scelgono di continuare a lavorare, anziché godersi il meritato riposo.

Nel momento in cui il lavoratore pensionato inizierà a lavorare, dovrà iniziare una pratica con l’INPS chiamata cumulo della pensione.

Iniziamo facendo una premessa: il pensionato che trova un lavoro dipendente dopo la pensione è tenuto comunque al versamento dei contributi previdenziali. Tali contributi andranno a costituire un’integrazione alla pensione ossia costituiranno un supplemento che si aggiungerà ai contributi previdenziali già in pagamento.

Questa misura è stata introdotta da poco con l’art. 19 del D.L. 112/08 convertito in Legge n. 133/2008 dal Parlamento, che abolisce il divieto di cumulo tra redditi da pensione e altri redditi derivanti da lavoro autonomo o dipendente. Infatti in passato, se il pensionato svolgeva un lavoro dipendente o autonomo, subiva delle decurtazioni fiscali sulla pensione.

Questo cumulo è possibile anche grazie alla legge n. 388 del 2000  (più precisamente all’articolo 72) che ha reso possibile il cumulo pensionistico con i contributi previdenziali, dal 1° gennaio 2001, per le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianità contributiva di almeno 40 anni.

Esistono, tuttavia, dei limiti al cumulo delle pensioni in cui non è possibile effettuare tale pratica.

Non possono svolgere una attività lavorativa coloro che ricevono:

  • assegni di invalidità;
  • pensioni ai superstiti;
  • pensioni dei lavoratori socialmente utili liquidate provvisoriamente;
  • assegni straordinari per il sostegno del reddito;
  • lavoratori che trasformano il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Qualora però il pensionato che riceve un assegno di invalidità decidesse di continuare comunque a lavorare verranno effettuati dei tagli, in base all’entità del reddito da lavoro.

Se il reddito supera di 4 volte il trattamento minimo Inps calcolato su base annua, la pensione viene tagliata del 25 per cento. Se, anche dopo il taglio, l’assegno ridotto resta comunque superiore al minimo Inps e il lavoratore ha meno di 40 anni di contributi, l’assegno subisce un’ulteriore decurtazione. Infine se il reddito supera di 5 volte il trattamento minimo Inps calcolato su base annua, il reddito verrà decurato del 50 per cento.

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